lunedì 19 febbraio 2018

Usa, creato il primo embrione ibrido pecora-uomo

riprendo l'inquietante notizia da TgCom

"Lʼannuncio arriva dagli scienziati dellʼuniversità della California. Lo stesso gruppo di ricerca aveva realizzato un embrione uomo-maiale"

 

"Per la prima volta è stato creato in laboratorio un embrione ibrido uomo-pecora, in cui una cellula su 10mila è umana. L'annuncio arriva dagli scienziati dell'università della California Davis. Un anno fa circa lo stesso gruppo di ricerca aveva realizzato un embrione di uomo e maiale, dove le cellule umane erano una su 100mila. L'ibrido, spiegano i ricercatori, è un passo verso la possibilità di far crescere organi umani negli animali.

 

 L'ibrido è stato ottenuto introducendo cellule staminali adulte "riprogrammate" nell'embrione di pecora, che poi è stato lasciato crescere per 28 giorni, il massimo per cui l'esperimento aveva ottenuto l'autorizzazione, di cui 21 nell'utero di un animale. Nel periodo le cellule umane si sono riprodotte, spiega Pablo Ross, uno degli autori, anche se per arrivare alla possibilità di avere un intero organo serve un rapporto di uno a 100.

 


Nella stessa presentazione i ricercatori hanno spiegato di essere riusciti ad ottenere embrioni di pecora e maiale privi del pancreas grazie alla tecnica Crispr di "copia e incolla" del Dna, un passo ulteriore per far "ospitare" agli animali gli organi umani. "Anche se c'è molto da lavorare - sottolinea il ricercatore - gli organi prodotti in queste chimere interspecie potrebbero un giorno costituire un modo per soddisfare la domanda di organi, trapiantando ad esempio un pancreas ibridizzato in un paziente".


L'uso delle pecore, ha spiegato ancora il ricercatore al Guardian, ha molti vantaggi rispetto al maiale, a partire dal fatto che bastano quattro embrioni e non cinquanta per far iniziare una gravidanza. Anche questo animale inoltre ha organi di dimensioni simili a quelli umani."

 

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fin qui la notizia.

A me tutto ciò ricorda "Coma Profondo"    

film del 1978 diretto da Michael Crichton, tratto dal romanzo "Coma" di Robin Cook.

 

 

E mette in evidenza che da quando si è deciso di "mettere l'uomo al centro" e non più Dio, 

si è smarrito il senso del limite. Si è convinti di poter "creare" la vita dal nulla, (ovviamente così non è, non ci si può sostituire a Dio), quando la si potrà solo "duplicare" malamente. 

Tutto questo, ovviamente, si dice sia "per l'uomo". 

Anche gli antichi del mondo precristiano avrebbero visto queste manipolazioni come Hybris.

De Gregori da un'intervista....

Riprendo un tema d'attualità (e anche gossip che ha riempito noiosamente tutte le cronache) degli ultimi mesi secondo le oneste parole del cantautore, 
che approfitta anche per riguardare in maniera inedita tutta una stagione di contenuti e atteggiamenti, e pure di deformazioni ideologiche. 
Estraggo da Libero:

Molestie sessuali, Francesco De Gregori: "Il caso Weinstein? Le donne possono scegliere" 


In fondo lo avevamo sempre saputo, che era dei nostri. Uno che immedesimandosi in Bufalo Bill canta «tra la vita e la morte avrei scelto l' America» non può essere dei loro, dei terzomondisti risentiti, dei censori multiculti, degli intossicati ideologici. Francesco De Gregori è ormai un corpo estraneo nell' album di famiglia del luogocomunismo di sinistra, tanto che vorremmo candidarlo a portabandiera intellettuale dei liberali e di conservatori.

Esageriamo? Ascoltate cosa dice, in un' intervista a Vanity Fair. Anzitutto la sconfessione di un mondo, il suo: «Nel lavoro di Rita Pavone, Gianni Morandi o Nicola Di Bari ritrovo una nettezza di significato», e «nessuna traccia di quella pretesa pedagogica che i cantautori, me compreso, portarono dentro le canzoni». È l' equivoco di almeno una generazione, nacque «quando alcuni cominciarono a pensare che la canzone dovesse non soltanto intrattenere, ma indirizzare il pensiero», per poi confessare: «Non scriverei più La Storia», perché «ci sono versi che hanno l' olezzo del gentismo, che parlano della gente a sproposito».

Ma non basta, De Gregori vuole andare a fondo nell' autoanalisi: «È sempre più difficile capire chi nella politica esprima le ragioni dei deboli e chi dei forti, per cui reagisco facendo un passo indietro». Uno scartamento di lato rispetto alle passioni ideologiche totalizzanti: «La mattina ho altro da fare: fumarmi la sigaretta al bar o parlare con quello che pulisce le foglie ai giardinetti». Un saggio minimalismo esistenziale, perché pare un delitto «entusiasmarsi per una legge elettorale di cui non si capisce niente».

Ma il pezzo forte è un altro: «Ho il massimo rispetto per chi ha scelto di votare Trump. Credo che sulla sua vittoria abbia pesato soprattutto un' ansia estetica del politicamente corretto che personalmente ho sempre trovato insopportabile». È il ripudio dell' antitrumpismo di professione, seguito da un altro non meno traumatico. Quello del femminismo vittimistico: «Se una donna viene sottoposta a un ricatto di quel tipo ha due scelte: dire sì o no. Se dice sì non è una mignotta, se dice no non è una perseguitata. Scegliere appartiene alla libertà dell' individuo, ognuno fa i calcoli che crede». La libertà dell' individuo è la stella polare, è la pernacchia definitiva ai dogmi della Chiesa progressista, è quasi un De Gregori thatcheriano e reaganiano.

Non a caso, il gran finale è tutto contro la «cultura del piagnisteo» che ha ormai egemonizzato la sinistra degli attici e degli aperitivi. Se non è un grande eroe conservatore questo...

di Giovanni Sallusti