sabato 18 novembre 2017

Boom di "bambini transgender" in UK. Allarme dei medici: terapia o moda?

da Tempi:

"Il boom dei “bambini transgender” in Inghilterra. Medici in allarme: è una cura o una moda?" (di Benedetta Frigerio)



Nel 2015 oltre mille minorenni sono stati sottoposti a terapie per il “disordine di genere”. Nella comunità scientifica c’è chi non si fa prendere dall’euforia

Solo nel 2015, fra aprile e dicembre, 1.013 minorenni inglesi sono stati sottoposti a terapie per il “disordine dell’identità di genere”, trattamenti che vanno dalla consulenza psicologica fino al bombardamento ormonale per bloccare lo sviluppo del paziente in vista del cambiamento chirurgico del sesso. Cinque anni fa, nel 2009-2010, i minorenni trattati in questi modi erano 97. Oltre all’impennata del numero di casi, colpisce anche la somma di denaro pubblico – 2,7 milioni di sterline – stanziata per simili cure da un sistema sanitario in grave crisi di sostenibilità.

AUMENTO «STRAORDINARIO». I numeri sono stati resi noti dal Nhs, che è appunto il sistema sanitario inglese, su richiesta del quotidiano The Sun. Come è spiegato nell’articolo, a trattare i bambini che soffrono della cosiddetta disforia di genere (disturbo che porta a desiderare di essere persone del sesso opposto) in Inghilterra sono le cliniche Tavistock and Portman a Londra, Leeds, Exeter e Brighton. Polly Carmichael, direttore del Gender Identity Disorder Service, ha definito l’incremento delle terapie prescritte l’anno scorso «straordinario». Tuttavia è «difficile predire se i numeri continueranno a crescere».

KAIA ORA È KAI. Jack Drescher, professore di psichiatria al New York Medical College, individua una ragione di questo boom nella «crescita di consapevolezza da parte dei genitori del fatto che un sussidio clinico esiste». L’ultimo caso a fare scalpore, un mese fa, aggiunge il Sun, è quello di un bambino di 5 anni tornato nella sua scuola del Nottinghamshire vestito da bambina. Intervistata a sua volta dal quotidiano inglese, Rachel Windsor, madre di una bambina di nome Kaia, racconta che la figlia già all’età di tre anni era convinta di essere un maschio, e ora grazie alla terapia iniziata a 9 anni nella clinica londinese può comportarsi come tale, facendosi chiamare Kai. La signora Windsor dice che è un «sollievo fantastico vederlo finalmente felice nella sua propria pelle».

UN MONITO DAGLI USA. E dire che alla Johns Hopkins University di Baltimora, primo centro americano a praticare la “chirurgia di riassegnazione sessuale”, decisero di mettere fine a questo tipo di interventi proprio perché seguendo i loro pazienti scoprirono che il cambio di sesso non rappresentava affatto una soluzione ai loro problemi. «Produrre un paziente “soddisfatto” ma ancora afflitto dai problemi ci sembrava una ragione inadeguata per continuare ad amputare chirurgicamente organi sani», ha ricordato non molto tempo fa Paul McHugh, l’ex primario di psichiatria della clinica universitaria, in un intervento ospitato dal Wall Street Journal che ha fatto molto clamore. Nello stesso articolo per altro McHugh criticava con parole molto dure proprio le terapie propedeutiche al cambiamento di sesso sperimentate sui bambini anche in qualche centro degli Stati Uniti. Non “solo” per l’altissimo tasso di suicidi riscontrato tra gli individui che alla fine decidono di sottoporsi definitivamente all’operazione (20 volte superiore a quello della popolazione non-transgender). Ma anche perché, stando a solidi studi di follow-up, «sia alla Vanderbilt University sia alla Portman Clinic di Londra, quando i bambini che riferivano inclinazioni transgender venivano seguiti senza terapie mediche o chirurgiche, il 70-80 per cento di loro perdevano spontaneamente le inclinazioni».

NON SI TORNA INDIETRO. Secondo lo psichiatra della Johns Hopkins, «i politici e i media non fanno il bene del pubblico né delle persone con sentimenti transessuali trattando la loro confusione come un diritto da difendere piuttosto che come un disordine mentale che richiede comprensione, trattamenti e prevenzione». Sulla stessa linea il medico inglese Robert Lefever che, in un commento pubblicato dal Sun, ha ricordato che il gender identity disorder «è reversibile», mentre «il cambio di sesso no». E che se «gli adulti hanno la possibilità di scegliere, i bambini meno» anche perché «come tutte le creature più piccole sono facilmente influenzabili». Non si possono trattare i disagi come «mode», sottolinea Lefever, e «dobbiamo essere sicuri di trattare il bambino e non un’istanza psicologica di un genitore insistente».

I PROBLEMI «DEI GENITORI». Perché «è un fatto che alcune diagnosi diventano moda» e «quasi un distintivo d’orgoglio», secondo il medico. E quando «i problemi emotivi dei genitori diventano problemi fisici e psicologici per i loro figli», non ci si può accontentare di proporre come soluzione un bombardamento ormonale. Proprio quello che invece sembra voler avallare il sistema sanitario britannico, permettendo la somministrazione di «farmaci che uccidono le persone in quantità che non sarebbero mai tollerate per altri trattamenti», ricorda Lefever. Tutto questo, si domanda il medico, accade semplicemente perché «il dipartimento vuole apparire buono di cuore, di mente aperta e clinicamente impegnato? Sì». Intanto nel settembre scorso la lobby Gires (Gender Identity Research and Education Society) ha iniziato a premere sul parlamento affinché si cominci a parlare ai bambini inglesi di “temi transgender” e di cambiamento di sesso fin dall’asilo.

2 commenti:

  1. Ricordo che da bambina, vuoi un insieme di fattori vari e disparati, giocavo a calcio, avevo i capelli modello marine - dato poi il loro colore, il mio soprannome era infatti Rumenigga (avete presente Karl Heinz, mitico giocatore dell?inter?), il mio mito era Lady Oscar e facevo impazzire mia madre perchè non ne volevo sapere di indossare gonne e altre amenità "da femmine". Ma nessuno, grazie al cielo, ha mai pensato che io soffrissi di disforie varie e mi ha mai brutalizzata rovinandomi per sempre l'esistenza. Probabilmente oggi i miei verrebbero additati come fobo-qualcosa e qualche solerte psico assistente mi avrebbe già liberata dall'oppressione della mia retrograda famiglia per lasciarmi libera di esprimere la mia identità sessuale. Dio mio... Povero Occidente folle e perverso...

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  2. Davanti a testimonianze anche mediche e specialistiche come queste, comprese quelle degli studiosi della Johns Hopkins, scompare anche l'illusione che vorrebbero darci a bere che quelle del gender siano solo mere rivendicazioni di una minoranza di soggetti che hanno problemi a riconoscersi nel loro 'genere' di nascita e aspirino all'altro, per una questione di autoderminazione.

    Qui si parla invece di pratiche già in corso di tagliare e operare organi di minori che non sono nemmeno in grado di decidere, e in età anche prepuberale. Altro che autodeterminazione. Pazzesco.

    Va di pari passo con i kit eutanasia belgi, per es. in cui i minori possono decidere di suicidarsi sostenuti dallo "stato" senza nemmeno sentire i genitori, e anche non in presenza di una malattia grave. Attenzione che cpme aggravante estrema si parla di persne, cioè personcine, talmente piccole che non hanno alcuna idea formata della vita, del mondo e del sè, quindi nessuna capacità decisionale vera.
    La chiamano 'libertà'....

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