mercoledì 8 marzo 2017

L'importanza della preghiera

Pubblico di seguito un articolo d'interesse, che comprende importanti notazioni sulla preghiera.

Potrebbe non aver bisogno di aggiunte.



Ma esistono diverse sensibilità, e, insieme,  bisogna essere realisti:

chi non è abituato a pregare molto, chi non sa pregare (quasi tutti noi),
chi trova difficoltà a far silenzio nel proprio cuore,
chi prega con profluvie di parole
ma si abitua al suono delle parole ripetute sempre uguali anche in modo vuoto e meccanico
e presto si assenta...

sembra di risentire la parola di Gesù: “Non avete saputo vegliare neanche un’ora con me”.
(Mt 26,40; Mc 14,37)

Al di là delle cose descritte, e in attesa di scoprire la preghiera che sgorga dal cuore,
la mia convinzione è che bisogna imparare a mettersi alla presenza di Dio, come prima cosa. 

Si tratta quindi di un atteggiamento.

Del resto:

Matteo 6,6

"Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."

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Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, per far comprendere l’importanza della preghiera la descrive come «il mezzo necessario e sicuro per ottenere la salvezza e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per conseguirla» (Del gran mezzo della preghiera, Intr., 1759).

Abile sintesi quella fatta dal santo campano: la preghiera è un “mezzo” che, quindi, ha un suo fine (maggior gloria di Dio, la nostra salvezza e/o grazie attuali); ed è il mezzo “necessario” e “sicuro”, infallibile con determinati elementi, l’unico col quale arriviamo al Cuore di N. Signore.
Tutto questo Sant’Alfonso lo sintetizzava con una frase che deve essere scolpita nella nostra mente, per la sua verità: «chi prega si salva, chi non prega si danna!».

Ai nostri giorni le cose non sono cambiate; la preghiera ha sempre mantenuto la sua importanza. E coi tempi che corrono è ancor più necessario affidarsi ad essa e, con essa, a Dio.

Fu lo stesso Gesù ad insegnarci l’importanza della preghiera; oltre al Pater Noster, già di per sé sufficiente ed esaustivo (v. Can. 425 Catechismo di San Pio X), in molti momenti della Sua vita pubblica ricorda che «tutto quello che domanderete con fede per mezzo della preghiera, voi l’otterrete» (Mc 21, 22; cfr. Lc 11, 9; Mt 7, 7-8; Gv 14, 13-14; Gv 15, 7; Gv 15, 16; Gv  16, 23-24; 1Gv 5, 14-15).

La Sua Chiesa ha continuato a predicare l’importanza della preghiera, arrivando alla sintesi del Catechismo di San Pio X che ricorda come sia «necessario pregare e pregare spesso, perché Dio lo comanda, e, ordinariamente, solo se si prega Egli concede le grazie spirituali e temporali» (Can. 419).

Anche Dom Prosper Gueranger spiega che la preghiera «è per l’uomo il primo dei beni. Essa è la sua luce, il suo nutrimento, la sua vita stessa, poiché lo mette in rapporto con Dio, che è luce (Gv 8,12), nutrimento (Gv, 6,35) e vita (Gv, 14,6)» (L’Anno liturgico, Introduzione).

Sono sempre più convinto che la conoscenza sia la maggior alleata della fede, così, ricordando spesso cos’è la preghiera e la sua importanza, rimarrà sempre alta l’attenzione a questo «mezzo necessario e sicuro».
Una delle definizioni più esaustiva è quella messa insieme da San Tommaso d’Aquino (II-II, 83 I c. et ad. 2) riunendo le formule di San Giovanni Damasceno: «L’orazione è l’elevazione della mente a Dio per lodarlo e chiedergli delle cose convenienti alla salvezza eterna» (cfr. Catechismo di San Pio X, Can. 368).

San Tommaso d’Aquino le attribuiva, giustamente, quattro valori: soddisfattorio («perché suppone sempre un atto di umiltà e di rispetto verso Dio, che abbiamo offeso con i peccati», A. Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, 104c), meritorio, impetratorio e come nutrimento dell’anima.

L’efficacia dell’orazione, anche se «mezzo necessario e sicuro», non è scontata. È difficile riuscire sempre a recitarla bene. Abbisogna, infatti, anche di alcune attenzioni da parte di chi la recita. Altrimenti sarebbe troppo facile. Basterebbe buttare una richiesta estemporanea e via.

Affinché la preghiera sortisca i suoi effetti (e non sempre, dato che Dio non è obbligato a dare, ma dà per amore e per fedeltà [Catechismo di San Pio X, Can. 420]), si deve innanzitutto porre mente a quel che dice Cristo: «tutto quel che domanderete con fede…».

Già questo non è così scontato. Quante volte sentiamo chiedere a Nostro Signore le cose più disparate «con la stessa sconsideratezza dei bambini ma non con la stessa insistenza, per mancanza di abbandono e di fiducia» (Don Dolindo Ruotolo, Commento a Lc 11, 9 in Commento ai quattro Vangeli, Casa Mariana Editrice)?

E, poi, «appena abbozzata una preghiera, pretendiamo di vederne l’effetto e di vederlo secondo il nostro pensiero e i nostri desideri; quando crediamo di non essere esauditi, perdiamo la fiducia, tralasciamo ogni preghiera e mormoriamo della Divina Provvidenza» (Ibid.).

Senza credere che il Creatore può in qualsiasi momento esaudirci e darci quel che per noi è il vero bene, la nostra richiesta parte già spuntata. D’altronde Sant’Agostino ci fa notare «se tu dunque, pur essendo cattivo, sai cos’è bene dare a tuo figlio, quanto più il Padre, ch’è sempre buono, ti concede una grazia senza che tu lo sappia, quando non ti dà quanto gli chiedi?» (Sant’Agostino, Discorso 77/B, Sulla donna cananea).

Altri elementi necessari per la bontà della preghiera sono il riflettere «che stiamo alla presenza dell’infinita maestà di Dio e abbiamo bisogno della sua misericordia» e che «dobbiamo essere umili, attenti e devoti» (Catechismo di San Pio X, Can. 418).

È, insomma, «assolutamente necessaria l’attenzione; il diletto spirituale è incompatibile con la volontaria distrazione della mente» (A. Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, 104c; anche «la distrazione volontaria è una irriverenza che mal si accorda con la petizione di una elemosina», 105-3).

San Tommaso sintetizzava gli elementi indispensabili all’efficacia della preghiera in quattro condizioni: «che si chieda qualche cosa per sé, necessaria alla salvezza, in modo devoto e perseverante» (Somma Teologica, II-II, 83, 15 ad. 2).

Possiamo considerare di fede l’infallibilità della preghiera, quando questa è fatta con le condizioni necessarie (A. Royo Marin, op. cit., 105).
Almeno quando la recitiamo per noi («si chieda qualcosa per sé»). Quando recitiamo per gli altri, non possiamo avere una sicurezza dell’infallibilità, non conoscendo le disposizioni di coloro per cui preghiamo. «Possiamo chiedere a Dio che li disponga mediante un effetto della sua misericordia infinita; ma questo Egli non l’ha promesso a nessuno, e noi non possiamo conseguirlo in modo infallibile» (Ibidem, 105-1). Questo però non vuol dire assolutamente che la preghiera per gli altri sia inefficace. Pregare per il prossimo è sempre utile, mai tempo perso.

Ed è dunque così, con la fede, con la perseveranza, con l’attenzione, con l’umiltà che «l’orazione nutre la nostra intelligenza, eccita santamente la nostra sensibilità, stimola e fortifica la nostra volontà. È una vera refectio mentis, per sua stessa natura chiamata a colmare l’anima di soavità e dolcezza» (Ibid.).

Inutile e, devo dire, anche insensato prendersela con Dio, quando non otteniamo quel che chiediamo: succede perché preghiamo male e/o perché chiediamo cose che non sono realmente il nostro vero bene, quello spirituale.
Con quale superbia pensiamo di avere il diritto di ottenere da Dio qualsiasi cosa vogliamo (pensate al dono dei figli, fatto diventare un diritto!)? Con quale arroganza ci crediamo degni di essere esauditi? Ed anche, con quale superficialità (anche nella fede) pensiamo di sapere che Dio è cattivo perché non ci manda all’istante la risposta positiva ai nostri capricci, senza però ringraziarlo quando ci esaudisce?
È proprio questo il male più profondo della nostra preghiera, e in generale della nostra fede: questo nostro stare di fronte a Dio da pari, come se non fossimo noi creature e Lui Creatore; questo nostro pretendere quel che chiediamo, non supplicarlo, come se Lui non fosse che un semplice esecutore dei nostri desideri.
È il paradosso più grande che un uomo possa creare: «l’anima sta ritta in piedi dinanzi a Dio quando presume di se stessa e manca di umiltà; sta ritta quando pretende che Dio la esaudisca e, più che pregarlo, vuole imporsi alla sua maestà, non di rado bestemmiandolo larvatamente» (Dolindo Ruotolo, Commento a Lc 18, 9-14 in Commento ai Quattro Vangeli).

Don Dolindo Ruotolo prendeva atto che «è raro, anzi rarissimo, trovare una persona che non rimanga, almeno qualche volta, scettica di fronte all’efficacia della preghiera, ed è ugualmente raro trovare uno il quale confessi di aver pregato male e di non aver meritato la grazia. È una cosa penosissima questa, sfruttata mille volte da satana per allontanarci dalla preghiera» (Ibid. Commento a Lc 11, 9).

Se riusciamo, invece, a pregare con fede e umiltà, allora l’orazione ci porterà grazie che non riusciamo ad immaginare, e che molto spesso non capiamo.
La preghiera, in particolare il Rosario, è l’arma principale con cui allontaniamo da noi le tentazioni del diavolo e rimaniamo in contatto con Dio.
Imploriamo la nostra Madre celeste affinchè non ci stanchiamo mai di pregare e riusciamo a pregare bene e ad affidarci a Dio,  lasciando a Lui la preoccupazione di esaudirci come e quando Egli crede.

(di Pierfrancesco Nardini, da
 http://www.civiltacristiana.com/limportanza-della-preghiera/)

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