giovedì 10 novembre 2016

S. Leone Magno - 10 Novembre

Leone I, detto anche Leone Magno (di origine Toscana, nato verso il 390, e scomparso a Roma, il 10 novembre 461), è stato il 45° vescovo di Roma e Papa.  

Venerato come S. Leone Magno, Papa e Dottore della Chiesa, il suo pontificato si estese dal 29 settembre 440 fino alla sua morte, e fu tra i più importanti dell'antichità cristiana. In quegli anni si verificava il crollo dell'Impero romano d'Occidente; l'oriente era invece percorso da controversie dogmatiche.


Nei suoi 21 anni di pontificato si avvicendano 4 imperatori: uno cacciato subito (Avito), e gli altri uccisi: Valentiniano III, Petronio Massimo e Maggioriano. 

Con autorevolezza e la persuasione, Leone rafforza in Occidente l’autorità della Sede petrina, e affronta duri contrasti dottrinali: tra gli avversari, i seguaci di Pelagio, manichei e priscillianisti.
L’abate orientale Eutiche, influente a Costantinopoli, sostiene che in Cristo esiste una sola natura (monofisismo), contro la dottrina della Chiesa sulle due nature, distinte ma non separate, nella stessa persona. E ottiene che l’imperatore Teodosio convochi nel 449 un concilio a Efeso (Asia Minore). Ma qui parlano solo gli “eutichiani”, senza ascoltare i legati di Leone, e acquistando nuovi proseliti. 
Negando validità a questo concilio, il Papa persuade il nuovo imperatore Marciano a indirne un altro nel 451. E questo è il grande Concilio di Calcedonia (presso Bisanzio), quarto ecumenico, che approva solennemente la dottrina delle due nature.


Non tutti però ne accettano le decisioni, e ci sono gravi disordini, soprattutto in Palestina.
Intanto l’Occidente vive tempi di terrore.
 

L’Impero non ha più un vero esercito; e gli Unni di Attila, già battuti da Ezio nel 451, si riorganizzano in fretta, piombano sull’Alta Italia nel 452.
 

Lo Stato impotente chiede a papa Leone di andare da Attila con una delegazione del Senato. S’incontrano presso Mantova, e Leone convince il capo unno a lasciare l’Italia, anche col pagamento di un tributo (ma una visione celeste terrorizza Attila).



(nell'immagine, papa S. Leone Magno difende la città, il popolo e  

ferma i barbari,   

non li invita certo al saccheggio;
sarei curioso di sapere chi torcerebbe il naso oggi
per accusarlo di   "non aver costruito ponti,
ma muri"
)



Tre anni dopo, i Vandali d’Africa sono davanti a Roma col re Genserico.


A difendere gli inermi c’è solo Leone, che non può impedire il saccheggio; ma ottiene l’incolumità dei cittadini ed evita l’incendio dell’Urbe. E' un romano antico (forse anche di nascita) che ha incontrato Cristo, e che sente fortemente la responsabilità di successore di Pietro.

Arricchisce la Chiesa col suo insegnamento (specie sull’Incarnazione); chiede obbedienza ai vescovi, ma li sostiene col consiglio personale, li orienta nella retta dottrina, nello splendido latino dei suoi scritti, per "tenere con costanza la giustizia" e "offrire amorosamente la clemenza", poiché "senza Cristo non possiamo nulla, ma con Lui possiamo tutto".

-----------------------------------------------------------------------------------------------

Alcuni estratti



"…Non hanno compreso, né dagli insegnamenti, né da ciò che è scritto, una verità evidentissima, che nella Chiesa santa di Dio tutti conoscono assai bene – neppure i più piccoli la ignorano – e cioè che la verità del Corpo e del Sangue di Cristo è uno dei Sacramenti che non va assolutamente taciuto, perché si abbia comunione nella fede.

Ecco la ragione: nel prendere quel pane celeste che si ha nei segni sacramentali (o mistici), è questo il corpo che è distribuito, è questo il corpo che si riceve in alimento dello spirito: e ciò al fine che coloro che ricevono la forza segreta del cibo celeste, diventino a poco a poco carne di colui che si è fatto della nostra carne."
___________________________

"…Carissimi,

il Figlio di Dio ha assunto la natura umana con una unione così intima da essere l'unico ed identico Cristo non soltanto in colui, che è il primogenito di ogni creatura, ma anche in tutti i suoi santi. E come non si può separare il Capo dalle membra, così le membra non si possono separare dal Capo.

E se è vero che, non è proprio di questa vita, ma di quella eterna, che Dio sia tutto in tutti, 
è anche vero che fin d'ora egli abita inseparabilmente il suo tempio, che è la Chiesa. 

Lo promise con le parole: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Tutto quello dunque che il Figlio di Dio ha fatto e ha insegnato per la riconciliazione del mondo, non lo conosciamo soltanto dalla storia delle sue azioni passate, ma lo sentiamo anche nell'efficacia di ciò che egli compie al presente.
E lui che, come è nato per opera dello Spirito Santo da una Vergine Madre, così rende feconda la Chiesa, sua Sposa illibata, con il soffio vitale dello stesso Spirito, perché mediante la rinascita del battesimo, venga generata una moltitudine innumerevole di figli di Dio.

Di costoro è scritto: "Non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv 1,13). È in lui che viene benedetta la discendenza di Abramo, e tutto il mondo riceve l'adozione divina. Il Patriarca diventa padre delle genti, ma i figli della promessa nascono dalla fede, non dalla carne.
È lui che, eliminando ogni discriminazione di popoli, e radunando tutti da ogni nazione, forma di tante pecorelle. un solo gregge santo. Così ogni giorno compie quanto aveva già promesso, dicendo: "E ho altre pecore, che non sono di questo ovile anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce, e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Gv 10,16). Sebbene infatti egli dica particolarmente a Pietro: "Pasci le mie pecore" (Gv 21,17), nondimeno tutta l'attività dei pastori è guidata e sorretta da lui solo, il Signore. È lui che, con pascoli ubertosi e ridenti, nutre tutti coloro che vengono a questa Pietra.

Cosicché innumerevoli pecorelle, fortificate dalla sovrabbondanza dell'amore, non esitano ad affrontare la morte per la causa del loro Pastore, come egli, il buon Pastore, si è degnato di dare la propria vita per le stesse pecorelle.  
Partecipi della Sua Passione sono non solo i martiri forti e gloriosi, ma anche i fedeli che rinascono, e già nell'atto stesso della loro rigenerazione.

È questo il motivo per cui la Pasqua viene celebrata, secondo la Legge, negli azzimi della purezza e della verità: la nuova creatura, getta via il fermento della sua malvagità e si inebria e si nutre del Signore stesso. 

La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati..."
________________________________

"…Sempre, fratelli carissimi, della grazia del Signore è piena la terra (Sal 33, 5) e la stessa natura, che ci circonda, insegna a ciascun fedele a onorare Dio. Infatti il cielo e la terra, il mare e quanto si trova in essi proclamano la bontà e l'onnipotenza del loro Creatore.

E la meravigliosa bellezza degli elementi, messi a nostro servizio, non esige forse da noi, creature intelligenti, un doveroso ringraziamento? Ma ora ci viene chiesto un completo rinnovamento dello spirito: sono i giorni dei misteri della redenzione umana e che precedono più da vicino le feste pasquali.

È caratteristica infatti della festa di Pasqua, che la Chiesa tutta goda e si rallegri per il perdono dei peccati: perdono che non si concede solo ai neofiti, ma anche a coloro che già da lungo tempo sono annoverati tra i figli adottivi.
Certo è nel lavacro di rigenerazione che nascono gli uomini nuovi, ma tutti hanno il dovere del rinnovamento quotidiano: occorre liberarsi dalle incrostazioni proprie alla nostra condizione mortale. E poiché nel cammino della perfezione non c'è nessuno che non debba migliorare, dobbiamo tutti, senza eccezione, sforzarci perché nessuno nel giorno della redenzione si trovi ancora invischiato nei vizi dell'uomo vecchio.

Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggior sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell'astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati.
A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell'elemosina, la quale sotto il nome unico di «misericordia» abbraccia molte opere buone. In ciò i fedeli possono trovarsi uguali, nonostante le disuguaglianze dei beni. L'amore che dobbiamo ugualmente a Dio e all'uomo non è mai impedito al punto da toglierci la possibilità del bene. Gli angeli hanno cantato: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Ne segue che diventa felice e nella benevolenza e nella pace, chiunque partecipa alle sofferenze degli altri, di qualsiasi genere esse siano.
Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l'elemosina, ma anche quelli di condizione modesta o povera. Così disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell'anima."


___________________________________________


"…Miei cari, i giorni intercorsi tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione non sono passati inutilmente, ma in essi sono stati confermati grandi misteri e sono state rivelate grandi verità.
Venne eliminato il timore di una morte crudele, e venne annunziata non solo l'immortalità dell'anima, ma anche quella del corpo.
Durante quei giorni, in virtù del soffio divino, venne effuso su tutti gli apostoli lo Spirito Santo, e a san Pietro apostolo, dopo la consegna delle chiavi del Regno, venne affidata la cura suprema del gregge del Signore. In questi giorni il Signore si unisce, come terzo, ai due discepoli lungo il cammino, e per dissipare in noi ogni ombra di incertezza, biasima la fede languida di quei due spaventati e trepidanti. Quei cuori da lui illuminati s'infiammano di fede e, mentre prima erano freddi, diventano ardenti, man mano che il Signore spiega loro le Scritture. Quando egli spezza il pane, anche lo sguardo di quei commensali si apre. Si aprono gli occhi dei due discepoli come quelli dei progenitori. Ma quanto più felicemente gli occhi dei due discepoli dinanzi alla glorificazione della propria natura, manifestata in Cristo, che gli occhi dei progenitori dinanzi alla vergogna della propria prevaricazione!
Perciò, o miei cari, durante tutto questo tempo trascorso tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione, la divina Provvidenza questo ha avuto di mira, questo ha comunicato, questo ha voluto insinuare negli occhi e nei cuori dei suoi: la ferma certezza che il Signore Gesù Cristo era veramente risuscitato, come realmente era nato, realmente aveva patito ed era realmente morto.
Perciò i santi apostoli e tutti i discepoli che avevano trepidato per la tragedia della croce ed erano dubbiosi nel credere alla risurrezione, furono talmente rinfrancati dall'evidenza della verità, che, al momento in cui il Signore saliva nell'alto dei cieli, non solo non ne furono affatto rattristati, ma anzi furono ricolmi di grande gioia. Ed avevano davvero un grande e ineffabile motivo di rallegrarsi. Essi infatti, insieme a quella folla fortunata, contemplavano la natura umana mentre saliva ad una dignità superiore a quella delle creature celesti. Essa oltrepassava le gerarchie angeliche, per essere innalzata al di sopra della sublimità degli arcangeli, senza incontrare a nessun livello per. quanto alto, un limite alla sua ascesa. Infine, chiamata a prender posto presso l'eterno Padre, venne associata a lui nel trono della gloria, mentre era unita alla sua natura nella Persona del Figlio."

__________________________________________


Di seguito, Opere Disponibili online:




Nessun commento:

Posta un commento